CENTRO CASA SRL

Elenco news

Costa Conero > Elenco news

Il contratto di locazione per uso diverso da quello abitativo

Il contratto di locazione per uso diverso da quello abitativo

10/08/2016 Autore: Avv. Alessandro Gallucci 10/08/2016 www.condominioweb.com

Una particolarità merita immediata evidenziazione: il contratto di locazione in esame non necessità, per la sua efficacia, della forma scritta.

Chiaramente dove essere è imposta dalla legge (nelle ipotesi di locazioni ultranovennali, cfr. art. 1350 c.c.) quest'affermazione non ha alcun valore.

Per una serie di motivi. Primi tra tutti la certezza dei reciproci diritti e doveri delle parti

Altro elemento caratterizzante: la determinazione del canone locatizio è sempre rimessa alla libera contrattazione tra le parti.

Il contratto di locazione per usi diversi da quelli abitativi, complessivamente, prevede una maggiore libertà per le parti pur restando fermi alcuni principi basilari in termini di durata, recesso, conseguenze per il caso di recesso del locatore e successione nel contratto.

E' bene ricordare che, vista la generica formulazione dell'art. 1 comma 346 della legge 311/04, anche i contratti di locazione in esame devono essere registrati a pena di nullità.

La durata ed il recesso

L'art. 27 della legge n. 392/78 disciplina gli aspetti fondamentali inerenti la durata dei contratti di locazione per utilizzazioni differenti da quelle abitative.

Per chiarezza espositiva vale la pena riportarne il contenuto.

Recita la norma:

La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili.

La disposizione di cui al comma precedente si applica anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.

La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all'esercizio di imprese assimilate ai sensi dell'articolo 1786 del codice civile o all'esercizio di attività teatrali.

Se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista nei commi precedenti.

Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.

Se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera.

È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.

Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata”.

Minimo sei anni, salvo che si tratti di attività stagionali (in tal caso, però, la stagionalità può comportare la ripetizione periodica della locazione se il conduttore lo ha debitamente richiesto), con punte minime anche a nove anni per le attività alberghiere.

La disciplina del recesso è regolata in modo tale da favorire la durata del rapporto. Il conduttore, se così è stabilito nel contratto, può recedere in qualsiasi momento purché dia comunicazione del rilascio con un preavviso di sei mesi.

Il locatore può recedere solamente per il diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza, ai sensi dell'art. 29 della legge n. 392 del 1978.

Si tratta di cause di rilascio sostanzialmente tese ad ottenere la liberazione dell'immobile per motivi familiari o comunque legati all'attività lavorativa del locatore e dei suoi parenti (=> http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1978-07-27;392!vig=).

Se il rapporto di locazione per cessa per motivi diversi dal recesso o dal fallimento del conduttore, quest'ultimo ha diritto all'indennità per la perdita di avviamento così determinata:

per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell'articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere l'indennità è pari a 21 mensilità” (art. 34, primo comma, legge n. 392/78).

Ma, come si suole dire, non finisce qui. La legge, infatti, ha inteso tutelare il conduttore non solo da questo danno, ma anche dall'eventuale sfruttamento dei locali per attività simili. In tal senso, in secondo comma della norma in esame, afferma:

il conduttore ha diritto ad una ulteriore indennità pari all'importo di quelle rispettivamente sopra previste qualora l'immobile venga, da chiunque, adibito all'esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente” (art. 34, secondo comma, legge n. 392/78).

Se il rilascio non avviene bonariamente ma si passa per la via giudiziale, la corresponsione dell'indennità prevista dal primo comma dell'art. 34 è condizione di procedibilità del provvedimento di rilascio.



 

Indietro